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Damster edizioni

Andrea Bloch
La musicista - Pentagramma mortale

La musicista - Pentagramma mortale
Prezzo Fiera 14,00
Prezzo fiera 14,00

Sono una donna come tante. 

Una donna cosiddetta normale. 
Casa, lavoro, palestra. Solo che a volte 
mi prende una voglia irresistibile di uscire e di uccidere.

Rosa ha un passato da nascondere e i suoi fantasmi pagano 
col sangue il suo presente.Moreno, l'ispettore incaricato di far luce 
su efferati omicidi che come traccia hanno un pentagramma 
inciso con un coltello sul corpo delle vittime.
In sottofondo le arie delle più belle opere liriche 
che Rosa conosce a memoria.
Sarete l’assassino. Sarete Moreno che indaga.
Il bene e il male hanno finalmente una voce e un volto: 
quanto uno prenderà in prestito dall'altro? 
Chi condannerete o amerete?
Attenti a rispondere, perchè “Non è vero che negli occhi 
si legge la nostra anima. Se avvicinandomi, le vittime vedessero 
la mia, fuggirebbero. Invece...”


Menzione speciale per la categoria inediti 
al Festival Giallo Garda 2015

Dietro lo pseudonimo Andrea Bloch si nasconde il collettivo di scrittori formato da Loredana Inserra, Carmen Pillo, Cinzia Matteucci, Lucia Ferrante, Evelina Cascardo, Maria Pia Pisano, Anna Chiapperini, Concetta Di Somma, Ivana Tinari, Valter Girodo.
La Musicista – Pentagramma Mortale è nato da un incipit postato in una noiosa domenica di ottobre del 2014 all’interno del gruppo Facebook di scrittura “To Be Continued”. 
Unico punto di partenza la traccia iniziale che prevedeva come protagonista una serial killer donna più cattiva di Hannibal Lecter.
Il romanzo ha preso forma seguendo un immaginario testimone passato da un autore all’altro usando come unica piattaforma di condivisione e comunicazione il gruppo “To Be Continued”.
Quasi per gioco, capitolo dopo capitolo costruito da un commento a testa, si è arrivati 
a gennaio 2015 con la conclusione del romanzo ma non dell’ avventura del collettivo, 
continuata grazie alla decisione unanime di presentare “La Musicista – Pentagramma mortale” come inedito al Festival Giallo Garda dove a ottobre 2015  viene premiato con una menzione speciale.

Primo capitolo

I


È ora.
Senza nessuna ricorrenza particolare, a volte mi viene voglia di uscire e uccidere.
Così, senza nessun motivo apparente e contro nessuno in particolare. Voglio solo veder soffrire qualcuno. Ecco. Vedere nei suoi occhi il terrore, sentire l’odore che ha la sua paura.
Metto in moto la mia auto ed esco in perlustrazione. Apparentemente non desto sospetti alle mie vittime. Sono una donna normale. Normale sguardo. Modi non alteri. Non è vero che negli occhi si legge la nostra anima. Se, guardandomi, le mie vittime vedessero la mia, scapperebbero. Invece...
Stasera ho deciso di allungarmi verso la riviera. Ancora qualcuno che affronta le strade isolate c’è. Magari uscendo ad ora tarda dai locali. E infatti. Guarda un po’ lì quel tipino che esce dal Bingo. Mi avvicino. 
– Mi scusi se la importuno, ma girando per queste strade isolate non trovo più la strada principale. Sa… quel viale molto grande ed alberato. Ora non ricordo il nome.
– Lei parla del viale delle Orchidee! – mi risponde il tizio con fare timido e con voce appena accennata.
– Sì, è proprio quello che sto cercando, però purtroppo non so come arrvarci. Non è che lei gentilmente potrebbe accompagnarmi? Sempre se non abbia impegni...
– Ma certo, l’accompagno volentieri, stavo tornando a casa, ma se arrivo qualche minuto più tardi non è un problema. Io vivo solo.
Sale e ci avviamo verso viale delle Orchidee. Mentre guido con la coda dell’occhio, lo osservo: piccolo, neanche un metro e sessanta, magrolino, naso adunco, occhiali spessi, non deve vedere ad un palmo dal naso! Ci presentiamo:
– Io mi chiamo Rosa e lei?
– Che combinazione! Anch’io ho il nome di un fiore: Giacinto.
– Ma è stupendo – gli dico mentre accarezzo il coltello ben affilato nella tasca del mio giubbotto.
Strattono la macchina senza che se ne accorga.
– Cosa sta succedendo? – dico. 
Poi faccio spegnere il motore. Giacinto mi guarda senza sospettare nulla.
– Scendiamo e diamo un’occhiata al motore.
Scende lui per primo. Io metto il freno a mano e lo seguo. Ci avviciniamo per vedere cosa è successo. Mentre lui guarda il vano motore, gli punto il coltello nella schiena.
– Non urlare! Ora ti passo una corda e tu mi aiuterai a legarti. Non aver paura, non ora. Il gioco sta per iniziare.
Mi guarda senza capire, mentre dall’auto tiro fuori una corda spessa e inizio a passargliela attorno ai polsi.
Giacinto trema così tanto, che lo devo minacciare di nuovo.
– Fermo – gli dico – e aiutami a legarti, forte, in modo che non ti possa slegare. Se non mi aiuti, ti sgozzo qui, subito, come un animale, ma il gioco finirebbe troppo presto e io voglio farlo durare a lungo, voglio godermi la tua agonia, voglio vedere il sangue sgorgare a fiotti, fino a quando la vita ti abbandonerà lentamente.
Mi faccio consegnare telefono, chiavi, documenti e quanto di personale ha addosso. Giacinto ha cambiato espressione del volto, e questo mi provoca adrenalina. Siamo ancora alla fase in cui nella mia vittima si fa strada la paura mista all’incredulità, che una donna dall’aspetto assolutamente insospettabile possa recar del male. Iniziamo la procedura del legamento.
Mi sento così eccitata che arrivo vicino ad un orgasmo ma poi mi domino.
– No, non voglio, non ancora, non qui non ora. Dopo ne avrò tutto il tempo.
Lo spingo di nuovo in auto senza tanti complimenti. Lui mi guarda con gli occhi stralunati. Gli rovescio addosso uno schiaffo da farglieli uscire fuori dalle orbite. Gli ho rotto il naso, che comincia a sanguinare copiosamente.
– Cosa avevi da guardarmi così!?
E scoppio a ridere.
Sono felice e serena come una bambina che gioca con i suoi compagni della scuola materna, senza alcun pensiero, solo con lo scopo di giocare per sempre.
Finalmente il bel Giacinto è legato come un salame.
– Ora entra nel portabagagli – gli intimo. – Subito, immediatamente, altrimenti ti spacco quegli occhiali da talpa che hai, brutto verme! Che fai piangi? Ahahahah! Sei come gli altri, alla fine piangono come pupetti! Su entra, tanto sei quasi un nanetto.
E Giacinto, sempre piangendo, si infila nel portabagagli.
– E ti avverto – gli dico con voce rauca e profonda – se osi fare un solo rumore, scendo e ti ammazzo come un maiale, e poi ho la radio con la musica a palla, non ti sentirebbe nessuno!
E con una botta potente chiudo e sento un “ahi”. Poveretto, devo averlo colpito da qualche parte! E mentre mi rimetto al volante scoppio di nuovo in una fragorosa e delirante risata!
Mi sento formicolare ogni parte della mia carne. Sto gustandomi già la prossima scena. 
Con lui legato nel bagagliaio, metto in moto e vado alla ricerca di qualche casolare abbandonato.
Ce ne sono molti nei dintorni e io ho il mio preferito perché a pochi passi c’è un pozzo artesiano dove ho già fatto sparire un paio di amici. Rido ancora e intanto creo nella mia testa le scena che di lì a poco metterò in atto. Devo fare le cose per bene. Lentamente. Più saprò essere lenta e più potrò godere. Mentre guido, la mia mano sinistra si muove in mezzo alle mie gambe.
– Venti minuti, solo venti minuti... – mi ripeto, mentre schiaccio forte l’acceleratore. 
Ecco che già intravedo la strada che mi porterà nel piccolo cottage dove consumo i miei giochi. Si trova in un luogo appartato, sulle sponde di questo lago che nei giorni d’ autunno come questo, è scenario perfetto per un omicidio annunciato. Gli alberi spogli, la nebbia che sale, la notte che scende, aggiungono un qualcosa di macabro alla mia operazione.
Questa volta i venti minuti mi sembrano eterni, poi finalmente arrivo al mio casolare. Vederlo e immaginarmi ciò che mi aspetta, mi fa godere immensamente, il mio sguardo satanico gode insieme a me. Apro il portabagagli e mi colpiscono gli occhi di Giacinto: sono letteralmente sbarrati, terrorizzati, arrossati dal lungo piangere, e la mia voglia di macabro divertimento si fa sempre più sentire!
– Su scendi merdina, che ti aspetta una bella serata!
Poi decido di farlo aspettare un altro poco e richiudo lo sportellone.
Accendo lo stereo e Pavarotti comincia a cantare “E lucevan le stelle”. La Tosca di Puccini, la mia opera preferita. La mia voce si unisce a quella del grande compianto tenore. Mi sento meravigliosamente bene. Spengo il motore e anche Pavarotti ammutolisce. Nel portabagagli Giacinto invece si sta lamentando. Apro il portellone e a lui basta guardarmi in volto per smettere anche di respirare.
– Bene vedo che ci capiamo al volo. Siamo due anime gemelle e adesso te lo dimostrerò. Sbrigati! Scendi che non abbiamo tempo da perdere!
Lo spingo verso casa. La porta solo accostata. Se l’è fatta addosso, dall’odore che emana. In centro, nella stanza, un vecchio letto, col materasso sporco di sangue.
E di fianco la poltrona di ferro da barbiere. Sì, il mio ospite lo faccio accomodare lì. Sangue e ferro, già pregusto l’odore.
– Allora – gli dico con voce dolce e suadente, – quale gioco preferisci fare mio bel Giacinto? 
– Gioco? – trema come una foglia – Cosa vuoi dire... io voglio andare a casa mia... – piagnucola. 
– SMETTILA – urlo – così mi fai innervosire, e allora addio gioco, ti squarto subito in due. CAPITOOO???
Lo faccio sedere, passo le corde attorno al suo corpo e alla sedia. Immobilizzo la testa e le mani. Gli allargo le gambe. Punto la potente torcia che ho in mano, direttamente sul viso di Giacinto. È una maschera di sangue e orrore allo stato puro. Mi mordo il labbro inferiore. Tutto il mio corpo è teso fino allo spasimo, tormentato dalla mia sessualità ormai accesa e stimolata dalla paura di lui e dal potere che sento di avere.
Da un cassetto lì vicino, tiro fuori un bisturi. Regalo di una mia vecchia conoscenza di gioco.
Gli passo il bisturi lentamente sul dorso delle mani. Lui urla.

Mi ricompongo. Riprendo il mio tono suadente e riapro la cassetta con dentro i ferri del ‘mestiere’.
– Dunque, dunque... vediamo un po’... una boccetta di etere, dello scotch, uno due tre quattro, ecco, cinque punteruoli, sai meglio abbondare... oh! Eccoli qui i miei attrezzi preferiti, tenaglia, c’è... martello, corda... tesoro! Ti do una buona notizia: abbiamo tutto, contento? 
Lui tace. Strano. Non mi convince. Non può essersi già rassegnato alla sua fine. Gli volto le spalle lentamente e poi, rapida come un fulmine che colpisce un albero, mi rigiro e gli infilo un punteruolo nella mano destra. Giacinto si contorce come può e grida con quanto fiato ha in gola.
– Ohhh!!Siii!! Così mi piaci!! Urla amore mio urla!!!
Poi il suo urlo improvvidamente tace.
– URLA ANCORA!
Solo silenzio. Prendo il bisturi e gli incido un braccio e allora l’urlo devastante ritorna e io mi eccito sempre più, il sangue scorre a fiotti, lo lecco, lo annuso, e ho un altro orgasmo!
– Scusami Giacinto, se non ti ho aspettato – gli sussurro all’orecchio destro mentre l’accarezzo. Ma lui continua ad urlare e non mi ascolta. Ecco fatto, un taglio netto e gli mostro il padiglione reciso.
E Giacinto, il piccolo verme, sviene. Prendo un secchio di acqua gelata e gliela butto addosso e lui si riprende. Ma trema e io per farlo smettere, gli incido l’altro braccio e l’urlo riprende ossessivamente e io godo infinitamente!
– BASTA, ti prego, Basta!
– Ah Giacinto, quanto mi piace quando mi implori, cos’hai detto? ANCORA? Bene ti accontento subito!
Riprendo il bisturi e questa volta gli faccio delle piccole incisioni in tutto il corpo e gli zampilli di sangue mi ricordano una fontana rossa.
Adesso mi sento più calma, appagata. Lo guardo. È sempre più debole. Non mi serve più. Sta scivolando nell’incoscienza. Lo so, ormai sono diventata un’esperta. Fra poco al mondo non ci sarà più questo Giacinto.
– Non ti preoccupare adesso ti libero. 
Gli sorrido grata per ciò che mi ha regalato e con il mio coltello preferito gli incido la gola. Il sangue che esce non ha più forza e io mi sento invincibile.
C’è rimasto solo un soffio di vita e io mi voglio godere anche quest’ultimo soffio come faccio con gli altri. Velocemente gli attacco alla vena una flebo di sangue e plasma, so che si riprenderà, in pochi minuti il sangue scorre nelle sue vene, è pochissimo, ma è sufficiente per fargli riaprire gli occhi ormai smorti.
– Dimmi Giacinto, quale è il tuo ultimo desiderio? Vuoi un sigaretta?
Un filo di voce ce l’ha ancora. Mi avvicino alla sua bocca.
– Parla mio bel fiore… parla, la tua Rosa ti ascolta.
– Vaffanculo...
Lo dice bene Giacinto e io godo quando mi ci mandano.
– Ridillo Giacinto, dillo ancora – ma Giacinto non c’è più, è volato e con lui è volato via anche il mio godimento, i miei orgasmi.
Sono stanca. Mi riposerò un po’ e poi domani mi aspetta un’altra vittima! Un altro fiore? Chissà.
Trascino il cadavere verso il pozzo artesiano e lo getto dentro. Torno nel casolare a riporre i miei attrezzi nel cassetto. Con i polpastrelli abrasi non potranno mai risalire a me. Esco e mi chiudo la porta alle spalle. In auto ho dei vestiti puliti. Li indosso e do fuoco a quelli imbrattati di sangue. Salgo in macchina e torno verso casa. Calma e silenziosa. Giacinto è già dimenticato.

Specifiche

  • Pagine: 240
  • Anno Pubblicazione: 2016
  • Formato: 14x20
  • Isbn: 9788868103026
  • Prezzo copertina: 14

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