Giancarlo Tartaglia
La terza repubblica vista da un marziano

La terza repubblica vista da un marziano
Prezzo Fiera 13,00
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La Terza Repubblica ha superato di gran lunga la fantasia dell’autore di Hellzapoppin e nessun terrestre riesce a raccapezzarcisi, figuriamoci un marziano.
È capitato, infatti, che un marziano, condannato al confino per reati politici, sia stato inviato per alcuni anni nella colonia penale più infernale dell’universo, situata agli estremi confini della galassia: nella città di Roma! E qui, per non morire di noia, si è messo a osservare gli stravaganti usi politici degli abitanti locali.
Non riuscendo a comprenderli ha deciso di appuntarli in un diario, … finché ha potuto, fino a quando la mente gli ha retto e gli ha consentito di andare oltre la logica e la fantasia.

Alla fine ha ceduto. Poveretto. Non tornerà più su Marte. Ci ha lasciato questi suoi appunti di diario.
Attenzione, però, dobbiamo avvertire il lettore che volesse avventurarsi nell’impresa di leggerli che lo farà a suo rischio e pericolo.
Siamo certi, infatti, che se Niccolò Machiavelli li avesse letti si sarebbe rifiutato di scrivere Il Principe e si sarebbe suicidato.

Primo capitolo

«Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori di trasmigratori». Questo è scolpito sul travertino delle quattro testate del Palazzo della Civiltà Italiana, nel cuore dell’Eur, quel quartiere avveniristico che doveva celebrare il ventennale trionfo di un regime proiettato a segnare per millenni, con le sue gesta, la storia italica e i suoi trionfi.

Ma la retorica fascista si era dimenticata di aggiungere che quel popolo di poeti era anche un popolo di costituzionalisti, capaci di edificare perfette architetture costituzionali ma anche di individuarne i sottili meccanismi per interpretarle, aggirarle, vanificarle.

Quando, nell’ottobre del 1922, il re Vittorio Emanuele III telegrafò all’onorevole Benito Mussolini per convocarlo a Roma, il capo del fascismo, che aveva messo qualche centinaio di chilometri di distanza tra sé e la marcia su Roma ma soltanto pochi chilometri tra sé e l’ospitale Svizzera, rispose al sovrano con un altro telegramma comunicandogli che aveva già composto il suo governo. Il re si limitò a ratificarlo.

Si era sul filo della Costituzione albertina. Vittorio Emanuele era convinto di averla rispettata mentre Mussolini, dal canto suo, era altrettanto convinto che quella Costituzione fosse stata ormai lacerata e che la rivoluzione fascista avesse trionfato.

Quando, a luglio del 1943, dopo un ventennio della tanto agognata stabilità, sua maestà, ora non solo re ma anche imperatore, per uscire dal disastro della guerra liquidò Mussolini, lo fece appellandosi a un voto del Gran Consiglio del fascismo, ritenendolo un organo costituzionale, titolare del diritto di fiducia e sfiducia al governo. Anche qui eravamo ai bordi (forse anche un po’ fuori) dello Statuto Albertino ma, ancora una volta, Vittorio Emanuele III si convinse di essersi mosso nel rispetto della Costituzione mentre Mussolini poté sostenere che il sovrano avesse compiuto un colpo di Stato.

Specifiche

  • Pagine: 160
  • Anno Pubblicazione: 2020
  • Formato: 13 x 21
  • Isbn: 9788899332471
  • Prezzo copertina: 15,00

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