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Diastema

Claudia Calabrese
Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Correspondances

Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Correspondances
Prezzo Fiera 18,40
Prezzo fiera 18,40 prefazione di Stefano La Via

...vorrei essere scrittore di musica, scrive nel 1966 Pasolini.

Claudia Calabrese parte da questa confessione e pensa il suo intenso studio incamminandosi nell’opera e nella vita di uno dei più grandi artisti della nostra epoca che sente musica e suoni come ‘segnali dell’esistenza’.

Un lavoro interdisciplinare innovativo, rigoroso e scientifico che collega poesia, musica, cinema e vita.

Primo capitolo

Capitolo I

 

Il Friuli

 

1. «Prima il silenzio, poi il suono o la parola»

 

Nella musica abbiamo le vere parole della poesia;

cioè parole tutte parole e nulla significato.

Pier Paolo Pasolini

 

L’analisi della presenza e del significato della dimensione sonora e musicale nell’opera letteraria di Pasolini pone diversi problemi ed è insieme stimolante, sia perché musica e suoni compaiono in forme sempre diverse all’interno di una produzione vastissima, sia per la stessa materia oggetto d’indagine, costituita di parole e non di elementi specifici del linguaggio musicale. Non si tratta di prendere in esame note e spartiti – se non quegli stessi che Pasolini analizza negli Studi sullo stile di Bach – ma l’aspetto sonoro, contenutistico e formale di una narrazione composta da parole nelle quali s’annidano musica, suoni e silenzi. La tendenza a sperimentare tutte le forme espressive possibili con la parola scritta, e poi l’approdo al cinema, sono il frutto della passione di Pasolini per la realtà fisica e oggettuale ed esistenziale, intima e soggettiva che egli dota di relative dimensioni sonore. E dunque il materiale sonoro s’inserisce, in una narrazione siffatta, come strumento espressivo lirico, soggettivo – così i suoni del Friuli e la musica classica, impiegati in funzione puramente poetica, sacrale – e insieme oggettivo, specchio dell’epoca: basti pensare alle villotte e alle tante canzoni citate ne Il sogno di una cosa o alle ‘Canzoni di vita’ che danno il titolo a un capitolo di Una vita violenta.

Colonne sonore diverse ma un’unica visione, sempre sincera e sacrale, che s’innesta in un’opera nella quale i suoni e le musiche oltrepassano confini, connettono e intrecciano in uno stesso ‘organismo’ i riferimenti culturali del poeta, le risonanze del suo mondo interiore, e il mondo esterno che egli rappresenta. Pasolini insomma s’esprime e rappresenta la realtà anche attraverso la musica e i suoni che l’arricchiscono, ne suggeriscono il mistero o addirittura, soli, nel sogno la rivelano:

 

[…] capii che quel ponte, quelle case, quella città, io non le vedevo con gli occhi, ma era una musica, una musica dolorosa e altissima, a suggerirmene le immagini.[1]

 

Sin dall’inizio, accostandomi a Pasolini, ho sentito il bisogno di comprendere le ragioni per cui nella sua scrittura ricorrano sempre gli stessi temi, ripensati e declinati in varie forme (‘struttura che vuol essere altra struttura’). Certo, è la necessità di farsi comprendere al di fuori della quale nella sua visione c’è la morte – e complementare a questa necessità è il tema della rappresentazione; ma cos’è che veramente Pasolini sente il bisogno di esprimere? e quale ruolo ha nella sua ricerca espressiva la relazione analogica tra la musica che s’estende tra ‘canto’ e ‘discorso’ e la poesia che leggiamo negli Studi sullo stile di Bach?[2]

Com’è noto, tra i numerosi interessi di Pasolini c’è anche quello per la critica letteraria che inizia negli anni Quaranta e alimenta per tutta la vita la tendenza a riflettere anche sulla propria opera, di poeta, regista, romanziere. Ne scrive Cesare Segre in un bel saggio che apre i volumi dei Meridiani dedicati ai Saggi sulla letteratura e sull’arte. Rientra in quest’ambito un saggio critico scritto al tempo in cui Pasolini sta elaborando la tesi di laurea, tanto che alcuni brani confluiscono nei contemporanei studi su Pascoli.  Siamo a metà degli anni Quaranta, tra il 1944 e il 1945. Il saggio s’intitola Studi sullo stile di Bach ed è uno tra gli scritti meno commentati dai musicologi che hanno affrontato il tema del rapporto del poeta con la musica. Una scelta singolare che discende forse dalle giustificazioni poste in premessa al saggio dallo stesso Pasolini che attirano sul poeta il giudizio ‘bonario’ di dilettantismo. Se è vero che non possiamo parlare di Pasolini-musicologo sono fermamente convinta vada valorizzato il suo tentativo di comprendere attraverso quali elementi costitutivi del linguaggio musicale si esprima il mistero della musica. Se poi si connette quest’analisi critica sullo stile di Bach alla tensione del poeta verso una parola capace di incorporare il sentimento umano, la realtà delle cose, e l’infinito che echeggia tra le fessure delle sillabe, la questione dei rapporti fra musica e poesia diventa centrale nella ricerca pasoliniana d’un codice espressivo che sia, per così dire, l’anello di congiunzione tra inesprimibile ed espresso.

A ben vedere, dunque, questo studio giovanile merita attenzione: l’impressione è che l’uso della musica quale strumento espressivo, tra gli altri, del pastiche stilistico non sia indipendente da ciò che il poeta scopre entrando nelle trame della scrittura bachiana.

 

 

Specifiche

  • Pagine: 368
  • Anno Pubblicazione: 2019
  • Formato: 17x24
  • Isbn: 9788896988602
  • Prezzo copertina: 23,00

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