Il racconto

Il carretto

 

Quando suonò la sveglia, alle sette in punto, Donato era già desto da un po’ e se ne stava, supino, sul lato destro del letto, con lo sguardo rivolto verso l’alto. Era impossibile stabilire il punto su cui si erano posati, distratti, i suoi occhi cupi e verdi; la plafoniera al centro del soffitto, l’intonaco stantio di quasi trent’anni o anche la mesosfera, erano tutti candidati plausibili.

Prima di lasciare i caldi lembi di una notte irrequieta, Donato allungò il collo per poter baciare la fronte della donna che amava e il contatto con la sua pelle gli regalò il brivido, immacolato, di ventisette anni prima

Alla vista del salone, l’uomo sorrise in modo esagerato, come se qualcuno, da dietro, avesse teso due fili invisibili, legati agli angoli delle sue labbra. Varie tavolette di legno di pino, un seghetto, assi di alluminio, un cacciavite a stella e due fissi, un rotolo di carta vetrata e la puntatrice, ancora in corrente, facevano da cornice al carrettino, ormai ultimato, al centro della stanza. L’uomo brizzolato, incurante dei trucioli e delle viti sparsi sul pavimento, avanzò, ipnotizzato, verso l’oggetto a quattro ruote. Ne sfiorò la superficie, verificando che la vernice, bianca e blu, si fosse asciugata completamente. Passò poi ad esaminare l’esile asse d’alluminio che si diramava in un manubrio, coperto di spugna alle due estremità. Circumnavigò la sua opera e, dopo un’ultima, rapida levigata ai raggi delle ruote, tornò a sorridere al piccolo carro, nonostante il verde dei suoi occhi si ostinava a restare spento. Mattia lo amerà, pensò.

Qualche minuto più tardi, mentre preparava la colazione, la tigre stampata sullo scatolo di cereali gli gelò il sangue. Aveva scordato di ritirare lo stemma, raffigurante proprio il felino a strisce, da attaccare sulla facciata. Si precipitò in camera e si vestì in pochi minuti. «Già sei pronto?» mugugnò la donna nel lato sinistro del letto, con la voce impastata. «No... cioè sì, ho dimenticato una cosa, vado e torno, ci metto un secondo.» ribattè Donato, fiondandosi fuori, verso il bagno. S’arrestò per una manciata d’istanti sull’uscio della cameretta di suo figlio, assicurandosi che dormisse. Avrebbe voluto fermarsi ad accarezzargli i capelli, dello stesso colore del legno di pino, ma la fretta lo spinse di forza verso il vialetto di casa, dove fu accolto da un cielo violaceo che sembrava trattenere a stento un temporale. Si imbottigliò nell’assonnato traffico mattutino e dopo tre quarti d’ora di imprecazioni, entrò in tipografia. Dovette ripetere il proprio cognome all’impiegato tre volte prima di realizzare che la sua prenotazione s’era persa tra l’incompetenza di un negozietto di provincia. Accettò così, malvolentieri, il piccolo emblema araldico che raffigurava una lince. Tornò in auto con quel peso in gola e negli occhi che non s’era ancora riuscito a scrollare di dosso, poi, l’anonimo motivetto polifonico del cellulare lo strattonò dai pensieri. La moglie gli sbraitò contro per l’imperdonabile ritardo.

Donato, mezz’ora più tardi, scese dall’auto. Camminava lento, ferito, verso la chiesa di fronte che, al suo avanzare, diveniva sempre più invadente. Rovistò distrattamente nelle tasche del vestito, trovandovi soltanto vecchi granelli di sabbia, di chissà quale spiaggia, e un ricordo sopito, ma lancinante. Il suono drammatico dell’organo lo accolse insieme all’odore dolce e nauseabondo di fiori e lumini. Trattenne a fatica un sorriso alla vista del carretto, sull’altare, adesso verniciato soltanto di bianco, e non ebbe lo stesso successo quando provò ad arginare le lacrime.

Seguici

ContaTti

Telefono 351 886 28 90

Edizioni del Loggione srl
Sede legale: Via Piave, 60 - 41121 - Modena - Italy
P.Iva e C.F.: 03675550366
Iscrizione Camera Commercio di Modena REA MO-408292


© ItaliaBookFestival è un marchio registrato Edizioni del Loggione srl