Il racconto

Sabbia rossa

 

San Pietro in Bevagna, 12 settembre ore 17

 

Antonio Brunetti, medico di famiglia, e la moglie Giannina si uniscono a un piccolo gruppo di turisti a San Pietro in Bevagna. Squilla il cellulare del medico che si allontana dal gruppo.

“Virginia!” bisbiglia coprendosi la bocca con una mano. “Non posso parlare, c’è mia moglie…”

“Ho trovato le prove, sono stati loro a…”

“Sei tornata là? Ma è pericoloso, vai via, per favore!”

“Ti ho inviato le foto, il resto è dietro la cappella, al solito posto. Ci vediamo là.” Antonio scuote la testa sotto gli occhi interrogativi di Giannina.

“Niente, un collega. Rogne di lavoro.”

 

A pochi chilometri di distanza, lungo il litorale jonico, una donna si muove guardinga all’interno dell’Osservatorio Epidemiologico di Torre Colimena. In tuta nera stile Eva Kant, una fondina da carpentiere ai fianchi, si accovaccia vicino a una scrivania e armeggia con un cacciavite su un cassetto bloccato. Dopo vari tentativi, riesce ad aprirlo. Osserva dei fogli e li fotografa con lo smartphone. Ne posa alcuni sulla scrivania, vicino a una puntatrice. Continua a rovistare nel cassetto. Nel frattempo, all’interno dell’edificio, un uomo fa il giro dei locali. Si ferma vicino alla stanza in cui c’è la donna. È sospettoso. Apre la porta di scatto e vede l’intrusa. Le salta addosso come una pantera. Le mette le mani al collo e la spinge indietro sul piano della scrivania. La donna si dimena e si divincola, ma l’uomo è forte e aumenta la stretta sul collo. Asfissiata, lei tasta la scrivania alla disperata e si trova fra le mani la puntatrice. L’afferra e la scaglia con violenza sulla tempia dell’aggressore. L’uomo allenta la morsa e vacilla, stordito. La donna ne approfitta per fuggire. In un batter d’occhio è fuori. Corre lungo il mare, fra gli scogli e la sabbia, fino a una vegetazione di canne e ginepri marini. Davanti al portone dell’Osservatorio compaiono due uomini che gesticolano, rabbiosi. Indicano la spiaggia e si mettono a correre in quella direzione.

 

Un’ora dopo il gruppetto di turisti finisce il suo giro. Rimane da visitare una piccola cappella vicina a un monastero semidiroccato. La tradizione vuole che vi si sia fermato l’apostolo Pietro a battezzare. Nella cappella non c’è nessuno, salvo una donna, coperta da un velo, su una panca in prima fila. I visitatori si avvicinano in punta di piedi per chiederle informazioni.

“Scusi tanto, signora…” chiede una donna del gruppo, ma un attimo dopo urla come un’ossessa. La donna sulla panca cade rovesciata da un lato, esanime, a occhi sbarrati, il viso sporco di sabbia e sangue, la bocca semiaperta infarcita di sabbia.

“Virginia!” grida Antonio, atterrito.

 

Il giorno dopo, al Commissariato di Polizia di Manduria, l’ispettore Baldari è nel suo ufficio con Antonio Brunetti.

“Tra lei e la vittima c’era qualcosa di più di una semplice amicizia, vero, dottore? Quella poveretta è stata uccisa barbaramente, soffocata nella sabbia. Ora, lei è l’unica persona che può aiutarci a trovare i colpevoli e sapere come stanno le cose all’Osservatorio.”

“Mia moglie… non mi perdonerà mai…” balbetta il medico, chinando il capo.

“Capisco, ma ora lei deve fare una scelta: o salvare il suo matrimonio o aiutarci a scoprire la verità. Ci pensi bene.”

“Lo sa? Nel mio lavoro ho sempre pensato che la verità sia il principio dell’esistenza, e che la verità non cambia mai… Le dirò tutto, ispettore: l’Osservatorio è nelle mani di una banda di criminali, e Virginia l’aveva scoperto, da brava giornalista. Sa, le hanno ammazzato il padre… Anche lei cercava la verità, appunto. Quella che non cambia mai.”

 

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