Prima semifinale scriptor parte prima

I partecipanti

Leggi gli elaborati dei partecipanti e vota lo scrittore che hai preferito.
Il sondaggio e la possibilità del voto sarà attiva solo DOPO la prima visione della trasmissione (alle ore 14) e solo per 72 ore.
Per votare clicca sul bottone sottostante e inserisci nell'oggetto il nome dello scrittore che hai scelto

Saranno validi i voti inviati fino alle ore 14 del 3 aprile. Useremo la tua email solo per comunicarti i risultati di Scriptor. Potrai cancellare la tua email subito dopo la conclusione del talent show.

Nella prima parte della puntata i partecipanti affrontano il quiz ovvero una prova che prevede risposte ad una serie di domande di grammatica, curiosità etc.
Successivamente i giudici propongono due esercizi: la Roulette russa e Il Falso d'autore.
I partecipanti hanno avuto tre giorni di tempo per compiere gli esercizi e ora li trovate scorrendo la pagina in basso.

Nella seconda parte della prima puntata ci sarà la sintesi dei voti ottenuti, compreso il voto del pubblico a cui potete contribuire votando in alto a destra, e si definirà la classifica finale. Il partecipante che avrà ottenuto il punteggio più alto passerà alla seconda fase.
Nella seconda parte della puntata avremo un ospite che contribuirà con il proprio voto.

Roulette russa

Creare un racconto di massimo 3600 caratteri spazi compresi con tre ingredienti proposti dai giudici: un tema, un periodo storico, un luogo

  • Tema:

    Donne e i loro diritti mancanti

  • Periodo:

    I° secolo avanti Cristo

  • Luogo:

    Colonia Periferica dell'Impero Romano

LA RIVALSA DELLA LUPA

Personaggi

Bruto (BR.)

Basco (BA.)

Marco Cornelio (MC.)

Claudia (CL.)

Narratore

Bosco, nei pressi di Emporiae (BRUTO, BASCO)

BR. Mio buon Basco, che disdetta! La mia amata Claudia andrà in sposa a Marco Cornelio e io la perderò!

BA. Bruto, amico mio, soffro a udir tali parole. Invero, era prevedibile.

BR. Come dici?

BA. Non parli forse della figlia di Lucio Tito Aquilino, centurione della seconda guerra contro Cartagine, d’istanza ormai da più di dieci anni ad Emporiae?

BR. Lei.

BA. Dici che sposerà Marco Cornelio, membro di una delle gens più rispettate della repubblica?

BR. Esatto.

BA. Tu e io non siam forse due lupi delle foreste, ben lungi dall’essere eleganti e razionali come gli esseri umani?

BR. Lo siamo.

BA. Mio buon amico…non era quindi prevedibile che il padre di lei preferisse un patrizio a un lupo come marito e padrone di sua figlia?

BR. (riflettendo) forse hai ragione…la mancanza di danaro è ciò che mi impedisce di far buon’impressione.

BA. (rivolto al pubblico) Non era ciò che intendevo…

BR. Quisquilie! Danaro o non danaro la mia bella Claudia non può sposare quel meschino! Lui non la apprezza come la apprezzo io, né rispetta la sua opinione!

BA. Non è nei loro costumi rispettare le donne.

BR. Eppure Flaminia, defunta moglie di Lucio Aquilino, fu a suo tempo una delle coraggiose giovani donne che si riversarono in strada per opporsi alla lex oppia. Sono certo che l’uomo che ha sposato preferirebbe concedere la figlia a qualcuno che sappia ascoltarla piuttosto che a un mediocre patrizio.

BA. Ad esempio un lupo?

BR. Dubiti di me?

BA. Non potrei mai.

BR. Non è stata forse una lupa ad allattare il primo re di Roma, gettato a morire nel Tevere dal perfido Amulio?

BA. Per essere una bestia, sei piuttosto colto.

BR. Per essere un amico, sei piuttosto seccante. Mi aiuterai?

BA. Ti aiuterò. Qual è il piano?

BR. Faremo in modo che per una volta Marco Cornelio vesta i panni di chi ritiene inferiore!

Dimora di Lucio Tito Aquilino (BRUTO, BASCO, MARCO CORNELIO, CLAUDIA)

CL. Mio amato Bruto, sei qui! Ti sei vestito da uomo!

BR. Sì, mio amore. Questa notte ti porterò con me nei boschi!

CL. Mio padre non lo permetterà.

BR. Vedremo. (rivolto a Basco) Va’ a distrarre Lucio Aquilino. Io parlerò con Marco Cornelio.

BA. Ringhierai.

BR. Ringhierò.

CL. Nessuno noterà la differenza tra i due: Marco Cornelio è un animale.

BA. (sarcastico, verso il pubblico) Sarà una scena memorabile.

BR. (rivolto a Marco) Ho udito la bella notizia, sicché giungo a porgere i miei omaggi per le nozze.

MC. Dove sono?

BR. Cosa?

MC. Gli omaggi.

BR. Qui, con me.

MC. Li nascondete nella toga?

BR. Mio buon signore, son giunto per farvi i miei auguri per le nozze. La bella Claudia sarà una sposa incantevole.

MC. Ciò che importa è che sappia stare al suo posto.

BR. (ringhiando) e quale sarebbe?

MC. Due passi dietro di me, in silenzio. Come suo tutore, sarà mio dovere parlare per lei ed assicurarmi che non ridicolizzi la mia famiglia con la sua ignoranza. Dovrà crescere i miei figli, con amore e pazienza, nulla di più.

BR. (azzannando Marco) che tu sia dannato! Reciderò le tue corde vocali, così che tu non possa più proferir ingiurie verso di lei! Claudia, amore mio…

CL. Mio tesoro?

BR. Spogliati delle tue vesti e ricopri l’insulso Marco. Muto, ferito e così vestito sembrerà una donna agli occhi di chi non sa guardare. Forse imparerà cosa significa essere ignorati. Tu verrai con me… ma solo se vorrai.

NARRATORE

Qui la storia si conclude.

Una barbarie nei confronti di Marco, ridotto al silenzio?

O la giusta punizione per chi osserva le donne dall’alto?

Lascio a voi giudicare chi è l’uomo e chi è l’animale.

L’etrusca libertina

In principio Dio creò il Cielo e la Terra, il chiarore e le tenebre, il sole e la luna.

E solo il sesto giorno creò l’uomo e la donna.

Traducendo: agli albori della creazione esisteva già un bianco e un nero, una luce e un buio, un maschile e un femminile.

Detto in termini scientifici: cos’altro fu il Big Bang se non una deflagrazione di vita che, per continuare doveva contemplare un maschio e una femmina perfettamente sincronizzati e indispensabili l’un l’altra?

E allora, perché non si è mai riusciti a comprenderlo con il sentimento e la ragione umana? In fondo sarebbe semplice capire che l’uomo non può esistere senza la donna e la donna senza l’uomo. Almeno fino a che non si risolverà il famoso dubbio amletico dell’uovo e della gallina.

Eppure, escludendo l’età della pietra in cui l’uomo era più preoccupato di procurarsi il cibo che della condizione della sua compagna, in generale i diritti della donna hanno sempre faticato a farsi chiamare col loro nome. Più spesso sono stati chiamati per cognome, cioè doveri.

Anche se, guardando indietro, ci sono eccezioni.

Tarquinia primo secolo A.C.

Sembrerebbe una colossale balla storica, eppure la donna etrusca era una donna libera, emancipata e autonoma. Non sapeva gestire alla perfezione le faccende domestiche ma partecipava attivamente alla vita pubblica, amava la mondanità, aveva e poteva aver cura del proprio corpo.

Persino di disporre del proprio corpo, tanto che godeva di assoluta libertà sessuale. Credo fosse Catone, affermava addirittura di scandalosi rapporti promiscui, consumati persino in luoghi pubblici. Ma, detto da uno soprannominato il censore che di nome faceva Porzio, bisogna solo dubitare. Forse Catone era solo un invidioso.

Purtroppo questa emancipazione femminile contrastava con l’ipocrisia dei popoli esterni. I Greci, per esempio, attribuivano al sostantivo etrusca il significato di prostituta. Davano e conferivano un giudizio dispregiativo alla prostituta per poi goderne tranquillamente dei servigi sessuali, tanto che nella Magna Grecia la prostituzione era perfettamente legale.

La donna etrusca però se ne infischiava dei giudizi dei Greci e continuava tranquillamente la sua allegra e festosa vita.

Tutto accelerò con l’arrivo dei Romani: fu l’inizio di un periodo di baldoria assoluta, feste e banchetti ovunque, atti osceni consentiti in pubblico, ecc. ecc.

La nuova donna poteva addirittura sottomettere l’uomo, persino di adibirlo unicamente alla riproduzione: una specie di macchina di carne con una maniglia al centro su cui poteva sedersi, unicamente per rimanere in cinta. Salvo poi sedersi su altre manopole, per puro piacere personale.

Una roba da 3000 anni D.C.

Ma se per le donne romane, l’emancipazione era una conquista che le portava avanti nel tempo, per le etrusche non era così: avevano già tanti diritti che preferivano tornare indietro nel tempo, per non rischiare di perderli.

La leggenda narra che Velia, donna etrusca, bella e libertina, conoscendo la mente perversa dei Romani, inventò un gioco.

Organizzò un banchetto a cui parteciparono dieci donne romane e un centurione di rango travestito da prostituta, con tanto di tacchi a spillo e reggicalze di cuoio dell’epoca.

Tutte le donne potevano letteralmente usare quel centurione per i propri desideri morbosi, mentre i loro mariti dovevano badare i bambini, a casa. Se il centurione avesse resistito una settimana, il processo di emancipazione sarebbe andato avanti senza più interruzioni. Se avesse perso, il processo si sarebbe interrotto. Velia sapeva già che, due ore dopo, il centurione avrebbe alzato bandiera bianca. Temo però che non si tratti di una leggenda se, dopo duemila anni, i diritti delle donne nel mondo vengono ancora calpestati.

CASTA FUIT, DOMUM SERVAVIT, LANAM FECIT1

Si dice che tutte le strade portino all’Urbe anche se, a pensarci bene, sembra vero il contrario: tutte le strade partono dall’Urbe per portare, forse, pace e diritti civili negli angoli dell’Impero.

Fu così che, quando i centurioni andarono a bussare alla porta di Gaio Flaminio per aver cospirato contro il Prefetto, il triumviro fondatore della Colonia di Aquileia s’impettì come un gallo cedrone e sbatté loro in faccia una verità sacrosanta: “Fermi! Civis Romanus sum.”

Ma andiamo per ordine.

Quella mattina, Gaio Flaminio si alzò col piede sinistro, un cerchio alla testa e il fuoco degli inferi in fondo allo stomaco.

Guardò storto Livia, intenta a rimirarsi allo specchio di rame con un gioiello a maglie, e aspettò che la servetta accorresse con il vaso d’argilla. Svuotò la vescica con un grugnito e puntò un dito accusatore contro la nuca della moglie.

Metti via quella roba o finirai per cadere in tentazione! Le leggi suntuarie ti vietano di ostentare il lusso.”

Lascia almeno che indossi il mio oro tra le mura della domus” rispose Livia.

I tuoi unici gioielli sono i tre figli che hai messo al mondo!” sbottò Gaio Flaminio massaggiandosi il ventre a otre che lo faceva assomigliare a un melone maturo.

I gioielli sarebbero stati quattro, se non avessi abbandonato la mia piccola secondogenita in mezzo a un crocevia.”

La ius exponendi è ancora una facoltà del pater familias!” strillò Gaio Flaminio tirando i cordoni del collo.

Un’ancella prese il posto della schiavetta e aiutò la matrona a indossare la stola e il mantello per coprirsi il capo.

Il triumviro barcollò verso la finestra e Livia storse il naso.

Puzzi ancora di vino.”

Non è affar tuo.”

Fortuna che noi donne possiamo bere solo il mulsum2.”

L’adulterio e il consumo di vino sono i peggiori crimini che voi femmine possiate commettere.”

Eppure tuo fratello continuava a baciarmi sulla bocca ieri sera…”

Taci! Lo ius osculi3 è concesso ai parenti maschi proprio per capire se la donna ha bevuto durante un convivium, disonorando l’intera famiglia.”

Se non rischiassi di commettere ingiuria, direi che le leggi romane non tengono conto dei diritti delle donne” affondò il colpo Livia, invitando l’ancella a uscire dalla cubicola.

I nostri antenati decisero che le donne, per la loro debolezza di giudizio, fossero sottomesse alla potestà dell’uomo e venissero destinate alle faccende domestiche.”

E infatti nella mia vita non ho fatto altro che servire la casa e filare la lana.”

Gaio Flaminio la fulminò con lo sguardo.

Non ti sarai macchiata d’adulterio?”

Se escludiamo il fatto che il curator ventris non ha fatto altro che ficcarmi la testa tra le gambe durante le mie quattro gravidanze, posso dire che non c’è stato adulterio.”

Razza d’ingrata! Il curator ventris serviva per evitare che abortissi senza il mio consenso.”

Livia guardò per l’ultima volta l’uomo che la teneva al guinzaglio da più di dieci anni.

Altra accusa che viene mossa alle donne è di non essere in grado di custodire un segreto. Sembra che siano mosse da un’impudica insania mentre dovrebbero ispirarsi a una più giusta verecundia.”

Gaio Flaminio restò in silenzio senza capire.

Tra non molto ti verranno a prendere i centurioni e io tornerò a Roma da mio padre” disse Livia. E, un attimo prima di chiudere la robusta porta di legno e girare la chiave a rotazione, aggiunse: “Quando bevi, parli nel sonno e mi racconti più di quello che dovrei sapere.”

1 "Fu casta, servì la casa e fece la lana" (da un’epigrafe sepolcrale del II secolo a. C.).

2 Bevanda ottenuta miscelando vino e miele.

3 Diritto al bacio.

Falso d'autore

Viene proposto l'estratto di un romanzo famoso, l'esercizio consiste nello riscriverlo convertendolo in un genere letterario diverso dall'originale e in un tempo specifico

  • Genere in cui convertirlo:

    Umoristico

  • Periodo storico da usare:

    Rinascimento

Mucchio d’ossa.
S. King


“Mi distesi sul nostro letto, incrociai gli avambracci sul volto e piansi tanto da assopirmi come capita ai bambini quando sono infelici. Feci un sogno orribile. In esso mi svegliavo, vedevo il tascabile di La luna e sei soldi ancora sul copriletto accanto a me e decidevo di rimetterlo sotto il letto dove l’avevo trovato. Sapete come sono confusi i sogni, dove la logica è come orologi di Dalì divenuti così flaccidi da poterli appendere come stracci ai rami degli alberi.
Reinfilai la carta da gioco tra le pagine 102 e 103, a un giro d’indice da Buffo ometto, disse Strickland ora e per sempre, e mi girai sul fianco sporgendomi con la testa oltre la sponda del letto con l’intenzione di riporre il libro precisamente dove lo avevo trovato.
Là sotto, tra i riccioli di polvere, era sdraiata Jo. Un lembo di ragnatela che pendeva dal fondo del materasso a molle le accarezzava la guancia come una piuma. I suoi capelli rossi erano opachi, ma i suoi occhi erano scuri e vigili e feroci nel bianco del viso. E quando parlò, capii subito che la morte l’aveva fatta impazzire.
«Dammelo», sibilò. «È il mio acchiappapolvere.» Me lo strappò dalla mano prima che potessi offrirglielo. Per un momento le nostre dita si toccarono e le sue erano fredde come ramoscelli dopo una gelata. Aprì il libro al segno, lasciando svolazzare fuori la carta da gioco e si sistemò Somerset Maugham sul volto: un sudario di parole. Quando s’incrociò le mani sul petto ridiventando immobile, mi accorsi che indossava il vestito blu in cui l’avevo seppellita. Era uscita dalla sua tomba per nascondersi sotto il nostro letto.
Mi svegliai con un grido strozzato e un sussulto doloroso che per poco non mi fece rotolare giù dal letto. Non dormivo da molto, avevo ancora le guance umide di lacrime e avvertivo nelle palpebre quella strana sensazione di tensione che si ha dopo una crisi di pianto. Il sogno era stato così vivido che non potei fare a meno di girarmi sul fianco e sporgere la testa per sbirciare sotto il letto, sicuro di trovarla lì con il libro sulla faccia, sicuro che avrebbe allungato le sue dita gelide per toccarmi”.

L’uomo raccolse ‘Naturalis Historia’ e si distese sul letto; una lettura leggera prima di rimettersi al lavoro. Scelta opinabile, considerata la massa del volume che, un istante dopo, piombò sul capo dello scienziato.
La vivida luce del sole di Firenze si fece bianca e ogni rumore cessò.
Si trovava ora nella stessa stanza, o forse no: nel sogno, il trattato di Plinio giaceva a terra, là dove era rimasto per giorni, in disordine come tutto il resto.
Decise senza indugio di riporlo sullo scaffale, memore di quella volta in cui il tomo lo aveva colpito sul volto mentre leggeva.
(quand’era successo?)
All’improvviso, un sibilo nell’aria lo fece sussultare.
“Omo sanza lettere!” lo chiamava una voce femminile.
Attonito, l’uomo si chinò, sollevando le lenzuola; chiunque avesse parlato, proveniva da sotto il letto.
Un drappo logoro nascondeva una cornice impolverata che brillava di luce propria.
Leonardo sperò di poter abbassare nuovamente le lenzuola e dimenticare l’accaduto ma la donna del quadro lo chiamò di nuovo a sé.
“O come tu ti se’ conciato, omo sanza lettere? Tu se’ proprio un gran bastardo! Qua sotto è una mosceria, fammi uscire!”
Leonardo temeva che sarebbe successo. Prima o dopo, la donna avrebbe tentato la fuga.
Ma, dovete capire, era solo e senz’amore, terrorizzato dalla sessualità da quando un vile lo aveva accusato di sodomia, e quella donna…il suo sorriso ambiguo…lei era viva! E sapeva! Conosceva i suoi segreti più reconditi, le sue paure, i suoi desideri. Non avrebbe potuto condividere con il mondo quell’espressione enigmatica dai mille significati. Era la sua compagna e sarebbe rimasta con lui.
“Non posso…”
“E ci risemo! ‘Un ti credi miha di lasciarmi qui mentre te vai in giro pe’ mezza Francia! Ho de’ bisogni!”
“Partiremo insieme, Lisa. Pe’ la corte di Luigi XII, ma nessuno potrà vederti. Per un po’, almeno.” Rispose lui, anestetizzato dal fascino della sua dama.
La Monnalisa tirò a sé il trattato di Plinio, noncurante del peso, e si nascose offesa dietro di esso.
Leonardo si svegliò di soprassalto.
Con la fronte ancora dolorante, pensò di sbirciare sotto il letto, sicuro che avrebbe trovato una donna offesa e pronta a castigarlo.

LA CONFUSIONE DEL PROFESSORE

Se io fossi uno scrittore, che per definizione è un fantasista e un fantasioso, forse riuscirei a inventarmi qualcosa.

Purtroppo io sono un professore, un docente universitario che, come il latino ci insegna, deve docere.

Per me non è richiesta la fantasia, è richiesta la conoscenza e la capacità di comunicarla. Ragion per cui, inventarmi una lezione così bizzarra che per l’appunto richiede creatività, non è facile.

Quegli stronzi dei miei studenti mi hanno inviato uno stralcio di un romanzo di Steven King e mi hanno sfidato a preparare una lezione sul Rinascimento, che contenga gli elementi horror del brano ma che sia anche divertente.

E aggiungo io: così non russano, come fanno di solito.

Una cosa è certa: coniugare l’Horror con l’umorismo e lo studio di quei favolosi movimenti artistici, letterari e filosofici, è come bestemmiare tutta la vita e pretendere il Paradiso dopo la morte.

Che poi vorrei sapere di chi è stata la trovata, anche se un ‘idea ce l’ho. Probabilmente delle tre gemelle Kessler, Marcella, Simona, e Massima.

Massima? Ma che nome è Massima? Forse i genitori l’avevano scambiata per un maschio, poi accortisi che mancavano i testicoli, hanno cambiato solo la vocale. Non c’è da fargliene una colpa visto che quando si dimentica di depilarsi, le crescono due baffi da messicano.

Poi si sarà aggiunto quel mio collega che si è invaghito di loro e che mi odia perché io riesco a fare le lezioni on line e lui no. Certo che se uno non ha nemmeno il telefono fisso in casa e chiama ancora gli amici col tamburo, fa un po’ fatica a connettersi! Magari si è offeso perché gli ho detto di fare lezione col megafono dalla Torre degli Asinelli in modo da sfruttare anche l’effetto eco?

Comunque a parte le normali diatribe tra colleghi, in tutta la mia carriera, non mi era mai capitato di avere tre gemelle, nello stesso corso contemporaneamente. E queste sono talmente furbe che, sono sicuro, una studia e poi dà l’esame anche per le altre due. Il problema è che sono perfettamente identiche ed è impossibile distinguerle. Hanno persino uguale l’angolo delle orecchie a sventola e tutte le proiezioni ortogonali dei nasi che paiono finti, tanto sono orribili. Anche i baffi hanno la medesima crescita. Comunque al prossimo esame di “Storia del Rinascimento” le sistemo tutte e tre.

Adesso devo concentrarmi sulla sfida che mi hanno lanciato.


 


 

Breve introduzione della lezione on line

Dicasi Rinascimento quel favoloso periodo storico in cui, filosoficamente parlando, si affermava come fosse l’uomo l’artefice del proprio destino.

Una stronzata più grande non potevano dirla! È da sempre arcinoto che, artefice del destino di un uomo, è sua moglie.

Come diceva il grande romanziere controcorrente Noonan: “Il blocco dello scrittore non mi è venuto quando mia moglie Jo è passata a miglior vita, ma prima, quando cercando di ordinare qualche idea su un foglio di papiro, mi ronzava attorno coi bigodini in testa e l’aspirapolvere in mano.”

E il suo amico Leonardo, genio e visionario assoluto, rincarava: “Sono universalmente famoso per la mia intelligenza e il mio talento ma le donne mi corrono dietro solo perché ho costruito una macchina di legno.”

Già si capiva, cari studenti, come le donne avessero le idee chiare sulla loro mobilità futura: Leonardo non aveva ancora inventato la BMW ma loro sapevano con certezza che sarebbe stata più comoda di una Panda.

Quando Noonan raccontò a Firenze, in una riunione di intellettuali e artisti, di quel terribile sogno in cui Jo gli apparve morta sotto al letto, fu il caos totale. Era presente tutta la crema dell’arte fiorentina e non, tra cui Michelangelo, Leonardo e Botticelli. Spesso in contrasto e in profondo disaccordo tra loro, urlarono e imprecarono all’unisono.

Tutti dalla parte di Noonan: la moglie non poteva continuare a rompergli le palle anche dopo la sepoltura!

Cominciarono a volare pennelli, colori e quadri, statuette di marmo, orologi che sembravano stracchini sciolti, un libro che parlava di pittori raminghi del futuro, e un altro che volò in aria a ramengo, insieme al suo autore, un certo Somerset Maugham. Una statuetta di Leonardo, dotata di due ali all’avanguardia, colpì accidentalmente Maugham e mentre il suo libro atterrava sul pavimento, lui atterrò in faccia a Noonan. Chissà, forse era un chiaro messaggio della moglie che, dall’aldilà gli ricordava che Maugham li univa ancora e che non si sarebbe mai liberato di lei.

Ecco ragazzi cos’è stato il Rinascimento: un gran casino!

 

NON C’È MIGLIOR SPECCHIO DELL’AMICO VECCHIO

Correva l’anno del Signore 1504 e l’occhio assopito di una luna settembrina lustrava gli spicchi orientali della cupola brunelleschiana e rimandava, a non esser guerci, alla finestra di un palazzo di via dei Marmi Sudici. E proprio lì, dietro una tenda altrettanto sudicia per non far sfigurare il nome della via, barcollava a lume di candela un ingrugnito Michelangelo che, sbattuto l’alluce contro uno spigolo e berciato un soave Madonna bona! cascò a peso morto sul letto e scivolò a braccia conserte in un sonno che capita solo ai figlioli destinati a rimanere tali. E, in quel navigare tra i sali e scendi dei fumi dell’alcol, il nostro Michelangelo fece un sogno orribile. In quell’incubo, infatti, si svegliava di soprassalto e trovava sulla coperta il Trattato della Pittura di quel bischero di Leonardo. Così lo afferrava e decideva di rimetterlo sotto il letto, accanto al vaso da notte. Ma, visto che i sogni, come sapete, hanno una logica così flaccida da sembrare stracci di cera appesi ai rami, pensò bene di ficcare la carta dell’Impiccato tra le pagine 102 e 103; proprio dove quel vecchio buhaiolo condannava gli eccessi anatomici e la retorica muscolare dello stile michelangiolesco.

Poi si girava sul fianco, si sporgeva oltre la sponda del letto con l’intento di abbandonare il libercolo lì dove meritava di stare e, tra riccioli di polvere ed escrementi di topo, notava che la luce della candela disegnava il contorno di una parrucca da donna.

Chi tu sei?” chiese.

So’ la Gioconda” rispose una voce in falsetto.

Michelangelo batté le palpebre, aguzzò l’ingegno e capì l’inganno.

Oh grullo d’un Leonardo, come tu se’ concio? T'ha dato di barta i’ cervello?”

Quello l’è il mio acchiappino per la polvere!” sibilò la Gioconda da Vinci e subito strappò il libro dalle mani di Michelangelo, sfiorandogli il dito. Poi squadernò il volume, lasciò svolazzare fuori la carta dei Tarocchi e se lo sistemò sopra il grugno, compitando un’ultima sentenza: “Un c’è miglior specchio dell’amico vecchio.”

Michelangelo si svegliò con un grido strozzato e si ritrovò lungo disteso sul pavimento. Il suo incubo era stato così vivido che non poté fare a meno di sbirciare sotto il letto. Per fortuna, trovò solo uno schizzo del suo David e nient’altro. Allora capì due cose: la prima, che la fama di quel grullo lo avrebbe sempre tormentato; la seconda, che, se avesse sfruttato al meglio la sua influenza, col tempo avrebbe anche potuto superarlo. E, rimiratosi l’indice che Leonardo gli aveva sfiorato in sogno, concepì un’opera colossale: La creazione di Adamo.

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