Il racconto

SALVATE LA REGINA

Sento il rumore dei passi nel corridoio: si sta avvicinando.

Come sempre, striscia nella stanza. Mi scruta. Sussurra qualcosa, poi rimane fermo nell’ombra a osservarmi. Percepisco la sua presenza, anche se un velo, stretto sugli occhi, mi rende cieca, lasciandomi scorgere soltanto l’accenno di un’ombra. Non so cosa voglia. La sua voce è bassa e non comprendo le parole che pronuncia. Non so dove mi trovo. Come ci sono arrivata? Non riesco a darmi una risposta accettabile. E’ bastato un niente. Ricordo soltanto il dolore, un effluvio ferroso e il buio che ha cancellato le risate e i pensieri di una vita normale.

In questo posto tutto mi sembra estraneo, neppure il mio corpo mi appartiene. Sono un “inquilino abusivo” in attesa di sfratto: aspetto con terrore e speranza l’attimo in cui sarò buttata fuori.

Non mi appartengo più, eppure mi sento violata quando le sue mani mi toccano, mi tolgono i vestiti e s’insinuano tra le pieghe della mia carne. Cerco di gridare, ma il suono non esce. Sento la bocca piena e secca. La lingua è serrata in maniera impietosa. Come risposta alla mia ribellione, l’ombra prende un cubetto di ghiaccio e me lo passa sulla fronte e sulle labbra. Il freddo del liquido che ne cola mi ricorda che ho sete. Un’arsura devastante, che non viene placata ormai da molto tempo. Le piccole gocce che riesco a rubare sono come pioggia nel deserto e non la sedano, bensì l’alimentano. Pur essendo consapevole che così prolungherò la tortura, vorrei trattenere la mano che si ritrae, ma non posso. Non riesco a muovermi! Il peso che m’inchioda al letto è una morsa che non allenta la presa, per quanto provi a divincolarmi. Cerco in ogni modo di fuggire, ma in realtà non nutro speranze. Ogni giorno è uguale, ogni ora mi allontana dalla mia libertà. Lui mi tormenta, penetra in me come la musica che mi costringe ad ascoltare mentre mi tocca. E’ un suono gracchiante. Riconosco il fruscio del vinile che incontra la puntina, tipico dei giradischi di un tempo. “God save the Queen” gridano i Sex Pistols “She’s not a human being and There’s no future”; poi lui gioca con il piatto e la traccia, e la musica salta e salta ancora, ripetendo all’infinito “no future”, in un oscuro presagio che mi guida verso l’oblio.

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