Il racconto

Non date acqua ai maiali

«È in arrivo un’altra tempesta. Dobbiamo ripararci. Arther, vieni qui, ti devo legare bello».

Anno 6.021, pianeta Terra. L’avidità ha cancellato quasi completamente la vita. Dopo l’ultima grande battaglia i superstiti si sono divisi in due fazioni. Da un lato l’eredità delle grandi élite del mondo, pronte a tutto pur di non perdere il loro potere. Dall’altra i ribelli, sparsi in piccoli villaggi, bramosi di curare il pianeta e di ristabilire equità, pace e prosperità. Tutti hanno sete. Gli uni e gli altri sono alla costante ricerca di fonti d’acqua dolce, l’essenza della vita. È in atto una corsa contro il tempo per mappare le sorgenti dell’intero globo, compito reso quasi impossibile da Amnesiak, improvvise tempeste di sabbia radioattiva che provocano cortocircuiti neuronali. Chi ne viene investito perde giorni, mesi o anni di memoria. Solo coloro che riusciranno a controllare le principali fonti d’acqua potranno governare il destino della Terra. La pelle di ogni sopravvissuto è così costellata di tatuaggi, mappe che tramandano i luoghi di approvvigionamento, la propria storia e quella della loro comunità.

«Arther, stupido umano, andiamo a riparaci dietro quello sperone di roccia».

Da più di 3.000 anni la specie dominante è il maiale, l’unica che ha saputo adattarsi all’innalzamento delle temperature e ai conseguenti cambiamenti climatici. L’uomo è oggi un animale domestico ben lontano da quella specie che per circa 15 mila anni ha governato il mondo.

Amnesiak colpisce Peet e Arther solo marginalmente. Dopo due ore di buio e balenanti flash argentati torna la quiete. Peet apre gli occhi. È confuso, tossisce e ha la gola arsa. Si guarda attorno, poi controlla il braccio destro al quale è legato un guinzaglio. Al capo opposto c’è Arther, già sveglio e con lo sguardo fisso all’orizzonte. Peet cerca nella tasca interna del cappotto una piccolo fiaschetta. Beve un po’ di acqua e ne mette qualche goccia in una ciotola. Arther non si schioda.

«Cosa c’è di così tanto interessante, Arther? Dobbiamo rimetterci in marcia al più presto. Questa volta siamo stati fortunati, la tempesta ha cancellato solo qualche ora di memoria. L’amnesia non ha intaccato i ricordi dell’ultimo ritrovamento. Ci serve un dannato tatuatore per completare la mappa».

Peet si affianca al compagno di viaggio.
«Bravo Arther, quello è proprio un villaggio di ribelli. Da quel che vedo Amnesiak lo ha colpito in pieno. Speriamo che per il nostro arrivo gli abitanti siano in buone condizioni».

Lungo il tragitto Peet e Arther si trovano in campo aperto e vengono avvistati e raggiunti da una pattuglia di controllo delle Élite che li accerchia. Arther si getta a terra spaventato mentre Peet rimane immobile.

«Abbiamo due vagabondi, un maiale ribelle e il suo umano». Sghignazzano gli assalitori.
Le élite mettono Arther dentro un sacco e lo malmenano con calci e pugni mentre Peet viene prima legato e poi svestito fino a lasciarlo completamente nudo.

«Che strana sorpresa! Tutto qui? Un solo tatuaggio sul braccio destro? Che ribelle inutile saresti tu? - attaccano le élite - Nemmeno una piccola mappa con una fonte d’acqua? Come fai ad essere ancora vivo ribelle?»
«Io non capisco cosa state cercando, non mi ricordo nulla, - piagnucola Peet - so solo che ho sete e laggiù ci sono delle case».

Le élite si convincono sia un perduto, un vagabondo privo di memoria destinato a morire e lo abbandonano al suo destino.

«L’avevo detto Arther che la mia dannata belonefobia ci avrebbe salvato. Muoviamoci, devo farti tatuare su quella tua pellaccia la posizione dell’ultima fonte d’acqua che abbiamo scoperto».

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