Il racconto

UNA PROMESSA

Luca telefonò a Gianni, il padre, per ricordargli che oggi era il giorno del rogito e per chiedergli se aveva risolto quella situazione. Si riferiva al fatto di togliere dalla casa ormai venduta, un ultimo sacco nero al quale il padre non faceva avvicinare nessuno. Conteneva una scatola a forma di cuore, una chitarra e un fucile. Nel pomeriggio sarebbero arrivati i nuovi proprietari. Come da accordi la casa doveva essere libera da cose e persone. Gianni fin dall’inizio fu contrario alla vendita di quell’appartamento che aveva donato al figlio. Luca dopo il matrimonio si era trasferito in città e con un figlio in arrivo aveva deciso di venderla per comprarne un’altra più grande. Nel frattempo l’abitazione era diventata la stanza dei giochi di Gianni. Si divertiva a tinteggiarla, ogni stanza di un colore diverso. E appena finiva, ricominciava, cambiando colore. A volte saliva con alcuni suoi amici a giocare a carte, perché al circolo c’era Nino che barava e arrivavano spesso alle mani. Non riusciva a separarsi da quel luogo, l’aveva ceduta al figlio ma dentro di sé non aveva mai accettato questa soluzione. Dal notaio le firme suggellarono la compravendita e la famiglia Corselli, tra l’altro parenti di secondo grado, si precipitò nella nuova casa per prenderne possesso, ma non riuscì ad accedere all’interno. Le chiavi non entravano nella serratura. Chiamarono Luca per sincerarsi di aver ricevuto il mazzo di chiavi corretto e lui confermò. C’erano altre chiavi inserite dalla parte interna. Gianni si era chiuso dentro, seduto a terra nel salone completamente vuoto. Poco dopo, il figlio, credendo di aver fiutato quale fosse il problema, raggiunse i nuovi acquirenti per supportarli. Senza nemmeno suonare il campanello o bussare alla porta, cominciò a chiamare il padre invitandolo ad uscire. Gianni urlò di aver promesso alla madre che da lì dentro sarebbe uscito solo con i piedi in avanti, ovvero disteso e defunto. I Corselli volevano avvisare i Carabinieri, Luca li implorò di allontanarsi e pazientare. Infatti, dopo aver assicurato a Gianni di essere rimasto solo sul pianerottolo, riuscì a farsi aprire per parlare a quattrocchi e si sedette accanto a lui.

Gianni: Non è un caso che gli ultimi tre oggetti rimasti qui dentro siano proprio questi. Sai quanti anni ha quella chitarra? Andavo al liceo! Il pomeriggio a casa di Cecchini ascoltavamo i dischi degli Stones. Decidemmo di fare una band e per comprarmi quella Fender lavorai ogni fine settimana da settembre a gennaio come lavapiatti. Lo so, non te l’ho mai detto, ma se non sbaglio questa sarà la terza volta che parliamo io e te. Mi innamorai della ragazza del batterista, gliela portai via, litigammo di brutto ma alla fine, quella biondina, scelse me. E io la sposai. Eh già, tua madre, che purtroppo non hai conosciuto bene, per colpa di quell’infame malattia che ce la portò via quando avevi un anno. Quel fucile era del nonno, l’unica cosa che mi è rimasta di lui. Per questo mi vedi sempre qui a lucidarlo. Maneggiare quel cannone mi fa stare bene, rivivo certi momenti. E quella bella scatola a forma di cuore, contiene delle lettere di mamma che ha scritto mentre era in ospedale. Non potevo andarci ogni giorno, dovevo pensare a te. Ci sono tutte le cose che sognava di fare con te. Quello che dovevi mangiare, come vestirti, i regali che dovevo farti e persino che lavoro avresti dovuto fare. Non le ho fatte mai vedere a nessuno ma ti assicuro che quello che sei adesso era stato previsto da tua madre. Io ho solo fatto in modo che ciò accadesse. Non le ho aperte tutte, ne manca solo una. È rimasta chiusa perché lei sopra ci ha scritto di aprirla il giorno in cui tu avresti lasciato la casa dove lei ti aveva concepito. Quel giorno è arrivato, te la libero la casa, ma volevo vivermi questo momento da solo tra queste mura. Da stamattina che sono qui e non sono riuscito ad aprirla, ho paura. Però si è fatto tardi, vai dai cugini lì fuori e digli che è tutto a posto, tra cinque minuti la casa è tutta loro, il tempo di leggere…

Luca visibilmente commosso si alzò e ringraziò il padre, poi si diresse verso l’uscita. Sforzandosi di sorridere disse ai Corselli che potevano entrare nella loro nuova casa. Gianni aprì l’ultima lettera, poi caricò il fucile e tolse il disturbo…uscì da quella casa come aveva promesso.

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