Il racconto

NELLO SPECCHIO

 

“Il posto è in uno scantinato che puzza di ghetto. Bussi tre volte con le nocche e si apre uno spioncino rettangolare. Due occhi scuri ti frugano dentro e quasi ti rivoltano l’anima. A quel punto pronunci la parola d’ordine, ma a bassa voce. Segue uno sferragliare di chiavi e la porta si apre al rallentatore. Entri, passi accanto al tizio con gli occhi d’ossidiana e attraversi un corridoio che sembra non finire mai.”

“E dov’è la stanza?”

“Adesso ci arrivo. Ascolta. L’impressione è quella di camminare dentro un corridoio che si allunga e rimpicciolisce allo stesso tempo. Chiaro, è un effetto ottico, ma l’idea è proprio quella. Insomma, dopo dieci passi che sembrano cento, entri in una stanza quadrata senza finestre e col pavimento a scacchiera. Ci sono candele dappertutto e tu finisci nel mezzo di uno scontro tra luci e ombre che si contendono lo spazio.”

“E il nano è lì?”

Annuisco.

“Ti aspetta seduto su uno sgabello, proprio davanti allo specchio. Ti chiede se sei sicuro di quello che stai per fare e, se annuisci, si fa schioccare le dita, si alza e ti mostra il palmo. Tu gli allunghi i due pezzi da cento e lui ti regala un ghigno da mettere i brividi. Ma intanto hai già pagato e quindi non puoi più tornare indietro.

“Che aspetto ha?”

“È pelato e assomiglia al… sì, al nano che ogni tanto appare in sogno all’agente Cooper.”

“Chi?”

“Quello di Twin Peaks.”

“Vai avanti.”

“Il nano sposta lo sgabello e ti fa capire con un gesto che ti devi mettere davanti allo specchio. Intanto fruga dentro una borsa di pelle e un attimo dopo ti si avvicina con una mela rossa stretta tra le dita tozze.”

“Una mela?”

 

“Il frutto del peccato originale” mi dice il nano con una vocetta stridula che ti si ficca in testa. “Se vuoi vedere quello che vede Dio, devi prendere la mela, morderla e succhiarne il nettare.”

Mi umetto le labbra e faccio quello che devo.

Mordo.

Succhio.

E deglutisco.

“Adesso non devi fare altro che chiudere gli occhi e contare fino a dieci.”

 

“E dopo?”

“Riapri gli occhi e per un secondo lo specchio ti riflette l’immagine che avrai il giorno della tua morte.”

“Non… non credo di aver capito.”

“Guardi te stesso avanti nel tempo. Così puoi sapere se ti tocca morire da vecchio, da giovane o a metà strada. E poi vedi cosa indossi quel giorno.”

“E tu cosa hai visto? Voglio dire, morirai da vecchio o cosa?”

Prendo il bicchiere e bevo un goccio. Sento lo stomaco sfrigolare e allora stringo i denti per trattenere il tremito che mi scuote. Nascondo le mani sotto il tavolo e abbozzo un sorriso storto.

 

“Contento di essere stato Dio?” mi chiede il nano.

Guardo la mela che ancora mi pesa nel palmo e la testa di un verme buca la polpa che ho strappato coi denti. Apro la mano inorridito e il frutto sbatte sul pavimento e rotola verso lo specchio che ora mi restituisce l’immagine di un ragazzo di ventiquattro anni dal volto scavato.

Il nano sgambetta a raccogliere la mela, se la porta alla bocca e ne stacca un pezzo sghignazzando come un indemoniato. Corro fuori dalla stanza e quando torno all’aria aperta vomito quel poco che ho mangiato contro un muro di mattoni.

 

“Hai sentito cosa ti ho chiesto?”

Alzo gli occhi.

“Avanti, dimmi cos’hai visto.”

“Muoio con i vestiti che indosso in questo momento… e una parrucca sulla testa.”

“Quindi, non invecchi?”

Un vociare concitato mi distrae.

Allungo il collo e vedo un gruppo di ragazze con i calici alzati. Quella più alta mi lancia un’occhiata e un attimo dopo mi si avvicina ancheggiando. Si china in avanti e mi bacia sulla bocca.

“Ho perso una scommessa” mi sussurra all’orecchio.

Si toglie la parrucca color platino e me la calca sulla testa.

 

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