Il racconto

Non una favola

 Inutile illudersi . Era affetto da nanismo, non c'era nulla che potesse cambiare la realtà. I puttini dorati della cornice del grande specchio sembravano ridere di lui e cantilenare Nano, nanetto, sei nato in difetto . Persino la sua immagine riflessa aveva un che di ironico come a dire: “cosa pensi di ottenere visitandomi ogni giorno?”

Simone emise un sospiro come un frangersi di speranze nel vuoto. Forse cercava consolazione nella stanza della nonna.  Un luogo dapprima fastoso e che adesso era diventato una specie di incubo di vecchi mobili e pezzi d'antiquariato mescolati alla rinfusa e ricoperti dalla polvere di ciò che ormai era stato e non sarebbe più tornato.

Ripensò alla vecchina che gli diceva che lui non era il bambino più bello del mondo.

I ricordi cominciarono ad affiorare come cadaveri portati a riva dalla bonaccia.

La famiglia era abbastanza ricca per  potergli pagare gli studi privati strappandolo alla derisione dei compagni  e Simone era sempre stato attorniato da tutori. Fu quando ebbe passato i quindici anni che gli presentarono la nuova insegnate di tedesco: Ingrid. Era una ragazza formosa e giunonica di circa venticinque anni e per lui tanta prosperosa femminilità fu come un fulmine fra cuore e inguine. D'un tratto i sensi si svegliarono e il pensiero di Simone correva costantemente alle trecce color del miele e alle labbra rosse come il peccato della sua maestra.

Il tedesco divenne la materia preferita del ragazzo che divideva il suo tempo fra le lezioni della paffuta  ragazza e le chiacchierate con la nonna descrivendole l'oggetto del suo acerbo amore. L'anziana lo metteva in guardia. Ingrid era troppo alta persino per un uomo normale, figuriamoci per un nano come lui. A quei tempi lui si arrabbiava per le parole dure della vecchia, ma lei gli rispondeva che qualcuno doveva forgiargli il carattere.

Si guardò ancora nello specchio e il ricordo peggiore venne a galla.

Era un caldo pomeriggio di fine estate e Ingrid gli stava facendo lezione nel giardino degli alberi da frutto. Spiccavano lussureggianti meli carichi di frutti maturi e profumati. La nonna si era unita a loro e sorseggiava del tè mentre l'insegnante parlava dei  racconti dei fratelli Grimm.  Una lezione complessa, i Grimm erano raffinati linguisti e la conversazione verteva sull'uso del tedesco popolare.

Un momento idilliaco. La donna aveva un tailleur attillato che metteva in risalto il seno abbondante e i fianchi larghi. Simone era perso nell'ammirazione e nell'ascolto. Un istante di pura estasi contemplativa. Sua nonna aveva adocchiato un melo in cui uno dei rami era così carico da sembrare una mano colma di doni. La vecchina aveva raccolto  quei frutti cremisi e deliziosi.  Poi aveva spartito quel piccolo raccolto con il nipote e l'insegnante.

Simone ricordò tutto.

Ingrid aveva mangiato con gusto e poi aveva sussurrato una battuta in tedesco pensando che il suo scolaro non fosse abbastanza in gamba per capirla.

“Una vecchia, un nano e una mela, si vede che oggi studiamo i fratelli Grimm”

Se la nonna e la giovane avessero avuto orecchie più fini avrebbero potuto sentire il rumore dei cocci del cuore infranto di Simone.

Il ragazzo si riscosse da quell'amaro pensiero. Adesso aveva venticinque anni e non era amato. Cosa gli rimaneva? Una casa solitaria, stanze piene di tristezza e uno specchio troppo lussuoso e barocco per riflettere un così piccolo uomo.

Si frugò in tasca. Il coltellino con cui era solito sbucciare quelle stramaledette  mele. Un colpo veloce alla gola. Un  singhiozzo.

La sua vita non era mai stata una favola.

 

 

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