L’autrice, partendo dalla documentazione archeologica in argomento, con precisi riferimenti bibliografici, interpreta secondo i dettami dell’Antropologia culturale la storia delle divinità femminili, i miti e i riti iniziatici dell’Abruzzo italico all’interno di un tessuto narrativo che sconfina con la pagina letteraria. Il libro prende in esame l’area medioadriatica, e vi individua la persistenza di divinità e culti arcaici, altrove assorbiti dall’egemonia della religione romana di Stato, esportata dai vincitori in tutte le provinceconquistate e colonizzate, o messi in ombra dalle modeellenizzanti ed esotiche che si sono succedute dall’età repubblicana al basso impero, fino al sorgere del nascente Cristianesimo. Un universo di divinità femminili che ancora influenzanola società contemporanea.
Accanto a Bona Dea foeminarum, che in certo modo rappresenta la sintesidi tutte le Grandi Madri del Mondo antico,si delineano le figure di Vacuna ed Angitia,Feronia e Herentas, ed infine Cerere nelle sue varie accezionidi signora delle messi e regina del mondo dei morti come sembre suggerire ilmundus cerealis che la riguarda. Accantoad esse si muove lo stuolo delle ministre addette ai loroculti, i cui nomi,nei dialetti locali, suggeriscono scenari agresti, boschi e nemoraimpervi, santuari montani eil frescozampillare delleacque sorgive.
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