Simone Siviero
Le rondini di Sparta

Le rondini di Sparta
Prezzo Fiera 12,00
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Come si uccide uno Spartano, se il ferro della battaglia non basta, né bastano gli intrighi? Come si uccide l’uomo che ha liberato la Grecia dall’invasione persiana? Come si uccide il comandante di tutti i Greci, colui che a Platea ha guidato l’esercito più grande dopo quello che ha assaltato la città di Troia? Lo si lascia morire di fame e di sete, vinto non dagli uomini ma dall’arsura del sole e dal gelo delle notti serene di Sparta, completamente solo, murato vivo in un tempio scoperchiato. La cella del tempio è intrisa d’odio, di rammarico, di progetti non realizzati. L’uomo osserva il cielo e racconta, in un ultimo afflato di vita, la propria storia perché almeno il suo nome resti, sussurrato dal vento.

Primo capitolo

Grecia, V secolo a.C. Le litigiose città-stato sembrano riuscire a mettere da parte per un po’ i conflitti interni per cercare, insieme, di respingere l’invasione dei Persiani che, guidati prima da Dario e poi da suo figlio Serse, tentano di annettere l’Ellade al proprio impero.

Ma, respinti gli invasori, le alleanze non durano, e il clima tra le città si fa sempre più teso, fino a scoppiare nella cosiddetta Guerra del Peloponneso, che vedrà due grandi blocchi, guidati da Sparta e da Atene, contendersi il potere.

È in questo scenario di conflitti che si svolge la vicenda di Pausania, uno dei personaggi più discussi del suo tempo. Fu generale e resse il trono di Sparta come tutore di suo cugino Plistarco, ancora minorenne, ma la sua azione politica suscitò reazioni diverse, tanto che il giudizio che di lui danno le fonti greche pervenuteci non è univoco.

Gli studiosi moderni si sono sforzati di far luce sulla sua vita, ma, data l’ambiguità delle fonti, la questione è tutt’altro che risolta, e ogni storico pare crearsi un Pausania diverso. La vicenda narrata in questo romanzo, pertanto, non è che una ricostruzione, un’ipotesi, e come tale va presa. Il Pausania reale sfugge.

 

I

LE RONDINI

La realtà è che sono solo. Morirò solo. Mi hanno murato nel tempio. Sono un lupo reietto, messo all’angolo dal branco. E loro sono là fuori. Stanno in silenzio, ma ne avverto la presenza; e i mantelli scarlatti si agitano al vento come bandiere di morte tinte di quel mio sangue che non hanno voluto far sgorgare, ma che aspettano che smetta da sé di arrivare al cuore.

Morirò solo. Morirò come, forse, sono sempre vissuto.

La mia vita sta finendo. Non a lungo dura il corpo senza cibo… e acqua. Le porte di bronzo di questo tempio di Atena sono state sbarrate; gli Uguali hanno murato ogni via di fuga da questa stanza. Un uomo muore in fretta di inedia. Ma non abbastanza in fretta per loro, che pure tutta la Grecia ha sempre accusato di essere troppo pazienti, troppo lenti. Sanno essere rapidi quando l’odio li spinge: hanno divelto il tetto, in modo che il sole, il vento, il freddo e la pioggia – la pioggia… se almeno piovesse, potrei bere! – accelerino la mia fine.

Non è così che dovrebbe morire uno Spartiata, e tantomeno Pausania! Non dopo le gesta che ha compiuto, non dopo aver salvato la Grecia dai Barbari!

No.

E invece pare proprio di sì. Morirò qui, cullato dalla dèa della guerra. Ero entrato per salvarmi; mi si salva dalla vita.

Sono ancora giovane: quante cose avrei potuto ancora fare, quante imprese compiere, quanti sogni realizzare! E invece passerò all’Ade come un prigioniero odiato da tutti.

Nessuno Spartano mi ha mai compreso. Nessuno. Mai.

Nessuno ha mai saputo guardare oltre; oltre i villaggi di Sparta, oltre le vette innevate del Taigeto, oltre le terre d’Arcadia, oltre il mare e la Grecia stessa!

Dicono che ci sia una vendetta degli dèi che si riversa sugli uomini che osano troppo. Io vedo solo l’invidia degli uomini verso gli uomini.

Sono sempre stato diverso da loro. Sono nato a Sparta, ma se gli anziani avessero modo di esaminare anche il cuore dei neonati, e non solo il corpo, mi avrebbero abbandonato subito ai lupi del Taigeto. Sono nato a Sparta, ma l’ho sempre odiata! E sono cresciuto nella menzogna, detestando la mia città, ma sottomettendomi al suo volere per sopravvivere.

E quando credevo di poter ormai pensare con la mia testa e non con il cervello dello Stato, ecco che mi ritrovo sigillato in un tempio ad aspettare l’inevitabile.

Il sole del mezzogiorno è inclemente. I suoi raggi cacciano ogni ombra da questa camera e cuociono le mie membra stanche. Solo le rondini sorvolano la mia testa. Solo loro cinguettano piene di vita vicino a questo corpo che muore.

Ed è a voi, rondini di Sparta, che racconterò la mia storia, la storia di un uomo greco che ha cacciato il Persiano – e a me stesso. Perché almeno un soffio di quel che è stato Pausania gli possa sopravvivere, anche se per poco, nel vostro canto. E quando non sarò più, andate, e annunciate al mondo come gli Spartani hanno ucciso un uomo di stirpe regale.

L’unica vera libertà è la vostra! Volare nell’immensità del cielo sempre allegre, sempre in movimento. I Greci si vantano della loro libertà; si considerano superiori agli altri popoli, popoli di schiavi governati da despoti e tiranni. Ma la vera schiavitù è la nostra. Siamo schiavi delle idee, e le idee non le si uccide con un colpo di stato, non le si muta con un buon consiglio. Ciò che era valido un tempo può non esserlo più oggi. Le idee che ieri parevano buone in breve tempo possono uccidere. È l’idea stessa di Sparta che mi ha murato qui…

Specifiche

  • Pagine: 264
  • Anno Pubblicazione: 2020
  • Formato: 15x21
  • Isbn: 9788831450065
  • Prezzo copertina: 12,00

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